La cura che presentiamo si basa sulla consultazione partecipata introdotta nella psicoanalisi infantile da Dina Vallino (1984, 1998, 2009).
E’ una cura psicoanalitica del tutto rinnovata: non viene utilizzata l’interpretazione. Il modo di intendere la cooperazione coi genitori in seduta ha risentito della conoscenza da parte di Dina
Vallino della Infant Observation, a partire dal 1978.
Con il termine Consultazione Partecipata Dina Vallino ha voluto indicare un percorso di consultazione psicoanalitica, rivolto a genitori e figli in età evolutiva. In particolare è un lavoro che coinvolge i genitori nella responsabilità della cura dei figli. La consultazione partecipata si presenta come una cura non intensiva (un’ora alla settimana) e breve o relativamente breve (in molti casi la cura dura tra i tre e i nove mesi).
Ciò fa sì che la consultazione partecipata sia particolarmente adatta ad essere utilizzata nelle Istituzioni. L’obiettivo fondamentale che caratterizza la consultazione partecipata rispetto alle altre terapie brevi è del tutto particolare e specifico ed estremamente interessante: è in primo luogo quello di risvegliare in seduta la relazione affettiva tra il bambino e i suoi genitori. Ciò viene ottenuto in particolare dando origine ad una relazione particolare tra il terapeuta e il genitore e tra il terapeuta e il bambino. Fa leva sulla immaginazione del bambino, del genitore e del terapeuta (reverie). Ciò si costituisce come terzo paradigma psicoanalitico, rilevante nella Psicoanalisi contemporanea (Ferro, Ogden), ma ancora poco conosciuto dai non addetti al lavoro. Su queste e altre basi Dina Vallino ha rivoluzionato la psicoanalisi infantile (Vallino – “Raccontami una storia”).
Il setting prevede alcuni incontri articolati nel modo seguente:
- 1 colloquio con i genitori
- 1 seduta di entrambi i genitori con il figlio/a
- 1 seduta della madre con il figlio/a, una seduta del padre con il figlio/a
- 1 colloquio con i genitori in corso d’opera, una seduta di restituzione con il figlio/a.
Durante gli incontri si indica al bambino ed ai genitori ciò che è possibile fare nella stanza: disegni, giochi. Il terapeuta fa da “connettore” tra i racconti dei genitori e quelli del bambino. Il focus non è sul sintomo ma sull’atmosfera emotiva che permea l’incontro: essa guida il terapeuta nella comprensione dei fraintendimenti relazionali bambino/genitore. Nei casi di separazione il bambino piccolo si trova a fare fronte al marasma emotivo che coinvolge i caregiver. D’altra parte i genitori, punto di riferimento affettivo, durante le fasi della separazione attraversano un grave momento di crisi personale e di relazione. La quotidianità permeata da un assetto emotivo familiare stabile e contemporaneamente flessibile, si intride di note affettive a tratti stonate che disorientano il bambino ed incidono sul suo comportamento.
Aumentano i fraintendimenti nella coppia e le attribuzioni da parte dei genitori al figlio di qualcosa che, molte volte non gli appartiene. La profonda crisi della personalità dell’adulto ha bisogno di tempo per ritrovare un nuovo equilibrio. Nella esperienza clinica e giuridica, molto spesso abbiamo incontrato genitori che non riuscivano a distinguere le proprie emozioni da quelle del bambino con conseguenti continui fraintendimenti relazionali che possono col tempo costituire tratti di personalità del piccolo difficilmente riconducibili ad una radice propria (come l’oppositività o la tristezza pervasiva). Un esempio comune si può riferire ai comportamenti di avversione di un figlio per uno dei genitori. In pratica se il genitore collocatario non elabora il suo giudizio e la sua rabbia nei confronti dell’ex coniuge, il bambino che vive con lui potrebbe sentire che quelle emozioni lo riguardano, e che gli appartengono.
In sintesi, l’utilizzo della Consultazione Partecipata può essere utilizzata nelle situazioni di crisi coniugale quando il bambino si fa portatore del sintomo relazionale della coppia. Può anche essere strumento utile di osservazione in ambito giuridico nel processo di CTU poichè ha valenza osservativa e trasformativa. Questa pratica attraverso sedute congiunte, costituisce una modalità in cui il disagio di un bambini trova una nuova forma per essere raccontato e rappresentato davanti ai genitori.
Un limite all’applicazione è costituito dalle situazioni in cui la conflittualità è esasperata: ciò rappresenta un ostacolo a focalizzarsi sul sentire bisogno del bambino, poichè le emozioni degli adulti pervadono l’atmosfera emotiva e gli scambi relazionali.